Domande frequenti

Non è corretto parlare di ‘annullamento’ del matrimonio religioso, perchè si annulla ciò che è validamente sorto. La Chiesa ammette solo la possibilità di dichiarare un matrimonio ‘nullo’, cioè mai esistito fin dal momento della celebrazione. Eventualità che ricorre qualora manchi dei requisiti ritenuti necessari al suo nascere.

I ‘motivi di nullità’ (o ‘cause di nullità’) sono elementi ritenuti fondamentali dalla Chiesa per fare nascere un matrimonio religioso. Sono tassativi ed esclusivamente previsti dal Diritto Canonico. Poiché si deve accertare che il rapporto coniugale non sia mai sorto, le ‘cause di nullità’ devono sussistere al momento della celebrazione delle nozze, irrilevante che si siano verficate successivamente.

Tra i più ricorrenti motivi: la esclusione della indissolubilità del vincolo della fedeltà, la esclusione della prole, alcune forme di incapacità per immaturità psico-affettiva, disturbi di personalità quali narcisismo, tossicodipendenza o alcolismo, ( … )

No. Il primo grado del giudizio si svolge innanzi al Tribunale Ecclesiastico Regionale.

In caso di successivo appello il rito passerà al Tribunale Ecclesiastico Regionale di Appello.

Solo in ultima istanza, per l'eventuale terzo e ultimo grado di giudizio, è necessario agire presso il Tribunale della Rota Romana.

Si. Esiste un rito ‘più breve’ nel caso la domanda di nullità sia presentata da entrambi i Coniugi (o da un Coniuge cui, però, aderisce anche l’altro) e la nullità appaia di facile prova. In questi casi il processo si svolge davanti al Vescovo Diocesano con una procedura più snella e breve: e’ questa una novità introdotta con la recente Riforma di Papa Francesco del 2015.

No, per l'avvio del procedimento è sufficiente la proposizione della domanda da parte di uno solo dei coniugi.

Il giudizio procede anche in assenza di una delle parti, che ha comunque facoltà di costituirsi e partecipare in qualunque momento del processo.

Il giudizio di primo grado si conclude generalmente in un anno dal deposito della domanda.

Naturalmente i tempi si allungano nel caso abbiano luogo gli ulteriori gradi di appello, con tempistiche comunque solitamente più brevi rispetto al rito civile ordinario.

Non è previsto alcun limite temporale per chiedere la dichiarazione di nullità del matrimonio religioso, che può essere invocata anche a distanza di molti anni.

La sentenza canonica produce effetti nell’ordinamento civile attraverso il cosiddetto ‘processo di delibazione’: procedura che, appunto, accerta la possibilità di riconoscere efficacia alla decisione emessa dai Tribunali della Chiesa.

La delibazione fa venire meno gli effetti civili del matrimonio e la necessità di introdurre la domanda di divorzio, laddove non fosse già intervenuto tra le parti.

Per consumazione si intende il compimento dell’atto coniugale, in modo umano, durante il matrimonio.

La mancata consumazione non interferisce con la valida nascita del vincolo matrimoniale (quindi con la sua validità), ma pregiudica la piena realizzazione del rapporto matrimoniale, perché impedisce la finalità procreativa, che è propria ed irrinunciabile del matrimonio religioso.

Non è motivo di nullità, ma di scioglimento del vincolo che può essere fatto valere innanzi ai Tribunali della Chiesa con procedimento particolare (per matrimonio ‘rato’ e non consumato).

I figli non subiscono alcun pregiudizio: rimangono figli legittimi, continuano a godere degli stessi diritti e nei loro confronti permangono gli stessi doveri da parte dei genitori, tanto per l’ordinamento canonico che per quello civile.

La sentenza canonica non incide sull’ambito patrimoniale, quindi non rimette in discussione né influisce sulla regolamentazione di accordi tra le parti di natura economica.

Si. La nullità canonica è pronunciata quando mancano, al momento della celebrazione, le condizioni per la sua validità.

Si preoccupa pertanto di dichiarare solo la nullità di un vincolo che non è mai sorto, senza intervenire nel merito della vicende successive.

Si, la dichiarazione di nullità una volta divenuta definitiva consente di accedere ad un nuovo matrimonio religioso.

Per consentire a tutti i fedeli di accedere ai Tribunali della Chiesa, la Conferenza Episcopale Italiana sostiene in gran parte le spese processuali: per avviare il procedimento è chiesto solo un contributo di euro 525. A tale importo si sommano gli onorari per Avvocato, pure fissati dalla Conferenza Episcopale Italiana, che variano da un minimo di euro 1600 ad un massimo di euro 3000 per il giudizio di primo grado, e da un minimo di euro 650 ad un massimo di euro 1300 per l’eventuale giudizio di appello.

Chi si trovi in una condizione economica sfavorevole può inoltre richiedere l'assistenza gratuita o un riduzione dei costi.

Teoricamente è possibile stare in giudizio anche senza l’assistenza di un Avvocato (Patrono e/o Procuratore). La specialità della materia consiglia però di farsi accompagnare da un Avvocato di propria fiducia che può essere scelto tra gli iscritti nell’albo del Tribunale competente a conoscere la causa. Tali elenchi sono anche pubblicati nei siti gestiti dai Tribunali stessi. Gli Avvocati Rotali, ovunque residenti, possono sempre e comunque assistere in giudizio.

Solo una persona esperta in Diritto Canonico può aiutare a verificare la possibile sussistenza di un motivo di nullità del matrimonio. Pertanto è consigliabile rivolgersi ad un Avvocato che, con competenza e discrezione, indaghi la vita matrimoniale ed eventualmente accompagni il Coniuge nel processo per la dichiarazione di nullità del vincolo.

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