una differenza fondamentale
"Nullità" vs. "Annullabilità"
Quando si parla di “annullamento” del matrimonio religioso in realtà bisognerebbe parlare di “dichiarazione di nullità”. Infatti in senso proprio si annulla un rapporto che è venuto in essere. Se venuto in essere, per la Chiesa il matrimonio è e rimane indissolubile. Cio’ che la Chiesa ammette è la possibilità di dichiarare che un vincolo coniugale sia nullo fin dall’inizio: in altre parole, che non sia mai sorto. Questa eventualità si realizza quando i Tribunali Ecclesiastici, attraverso una approfondita indagine, accertano che il matrimonio manca delle condizioni necessarie al suo nascere. Tali presupposti sono esclusivamente e tassativamente individuati dal Diritto Canonico.
A determinate condizioni, attraverso un particolare procedimento (procedimento di delibazione), la sentenza canonica che dichiara la nullità del matrimonio produce effetti anche nell’Ordinamento dello Stato Italiano.
Si danno di seguito alcuni cenni sul procedimento per la dichiarazione di nullità del matrimonio, senza alcuna pretesa di completezza. Lo scopo è quello di fornire qualche indicazione a chi, estraneo a questa materia particolare, intende accostarsi ai Tribunali della Chiesa.
canoni 1671 - 1687 codice di diritto canonico
Procedimento per la Dichiarazione di Nullità
Il Processo Canonico per la dichiarazione di nullità del matrimonio ripercorre la concreta vicenda coniugale per accertarne la verità. Nella ricerca, condotta con delicatezza, sono coinvolti parti (Coniugi) e Giudice, in un clima sereno di collaborazione che evita giudizi di merito o di colpevolezza. Pur nella necessità di conoscere i fatti, è strutturato in modo da rispettare quanto più possibile la riservatezza e la sensibilità dei Coniugi.
Il procedimento è stato di recente riformato da Papa Francesco che è intervenuto con Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus del 15 agosto 2015. I principali interventi di modifica riguardano la esecutività della sentenza canonica e la possibilità di un processo breve davanti al Vescovo Diocesano.
Senza alcuna pretesa di completezza, brevemente alcune informazioni su come si svolge una causa di nullità:
In via preliminare, attraverso una scrupolosa consulenza, occorrerà verificare la sussistenza dei requisiti che l’Autorità Ecclesiastica richiede per potere dichiarare nullo il matrimonio e la possibilità di accertare gli stessi mediante prova testimoniale e documentale. E’, questo, un momento che richiede cura e preparazione.
Nel caso si dia tale eventualità, la causa viene portata davanti al Tribunale Ecclesiastico competente. Pur potendo ‘stare in giudizio da soli’ (cioè in assenza di un Avvocato), la particolarità della materia rende assai opportuno farsi accompagnare da un Avvocato (Patrono) di propria fiducia.
La causa viene introdotta mediante presentazione di un libello da parte del Coniuge (attore) o dei Coniugi che richiede (o richiedono) la nullità del matrimonio. Si tratta di un breve scritto con il quale si sollecita al Giudice la dichiarazione di nullità del matrimonio, indicando in modo conciso i motivi giuridici su cui si basa la richiesta e i fatti salienti che supportano la domanda. Esso sarà corredato dai documenti richiesti dal Tribunale.
Normalmente ha competenza il Tribunale del luogo dove è stato celebrato il matrimonio, in alcuni casi il Tribunale del luogo di residenza di colui che introduce la causa (attore), o di chi la subisce (convenuto).
Il Tribunale procede all’esame del libello per stabilire se ammetterlo o respingerlo. La decisione dipenderà dall’esistenza o meno di un fondamento attendibile (il cosiddetto fumus boni iuris). Si tratterà cioè di verificare se esiste corrispondenza tra ciò che si chiede (ed è supportato dai fatti contenuti nella domanda), con ciò che il Diritto Canonico prevede per potere dichiarare la nullità di un matrimonio. Occorrerà anche accertare che il matrimonio sia irreparabilmente fallito, ossia che sia impossibile ristabilire la vita coniugale. Quasi sempre la prova della avvenuta separazione legale o della sentenza di divorzio è sufficiente per provare l’impossibilità di ricostituire la vita coniugale.
Se il libello viene ammesso si avviano le prime attività processuali. Con decreto il libello viene notificato all’altro Coniuge (convenuto) per consentirgli di intervenire in giudizio e di esercitare il diritto di difesa. Viene costituito il Collegio Giudicante e, alla luce delle richieste delle parti, viene fissato il motivo di nullità (formula del dubbio) che si dovrà indagare nelle successive fasi processuali. A tutela del vincolo coniugale interviene il Difensore del Vincolo: ufficiale del Tribunale che porta tutti gli argomenti che ritiene essere a favore del matrimonio.
Si avvia a questo punto la fase istruttoria in cui vengono raccolte le prove. Vengono sentite le parti (separatamente) e i testimoni, vengono acquisiti documenti ed eventualmente, se necessario, perizie. Si tratterà di conseguire una conoscenza veritiera dei fatti rilevanti per la soluzione della controversia.
E’, questo, un momento particolarmente delicato perché rivolto non ad accertare le ragioni dell’uno o dell’altro Coniuge, ma ad indagare la verità della unione coniugale: se cioè il vincolo matrimoniale è effettivamente sorto o meno.
Quando si ritengono sufficienti le prove raccolte, si pubblicano gli atti per mettere le parti in condizione di conoscere quanto costituirà la base della decisione. Se non vengono richiesti chiarimenti o un supplemento d’istruttoria, viene pronunciato il decreto di conclusione che mette definitivamente fine alla fase istruttoria.
Si apre a questo punto la fase dibattimentale: le parti sono invitate a presentare per iscritto le loro conclusioni (memorie difensive) in ordine alla dichiarazione di nullità.
Il fascicolo della causa, con le prove raccolte e gli interventi delle parti, viene consegnato al Collegio Giudicante. Ciascun Giudice componente il Collegio esprime un suo parere. Dal confronto e dalla discussione collettiva uscirà la decisione sulla validità o meno del matrimonio portato davanti alla Autorità Ecclesiastica. La decisione assume la forma di sentenza: affermativa se accoglie la richiesta di dichiarazione di nullità, negativa se la respinge. La sentenza viene comunicata alle parti mediante pubblicazione.
Prima della Riforma di Papa Francesco, perché la sentenza affermativa (che dichiara la nullità) potesse diventare esecutiva e produrre i suoi effetti (quindi consentire l’accesso ad un nuovo matrimonio religioso), necessitava di essere approvata da un Tribunale di secondo grado. Si verificava pertanto, una trasmissione automatica della sentenza al Tribunale di Appello affinchè la sentenza dichiarativa di nullità venisse confermata o riformata. Solo dopo una seconda decisione affermativa (duplice decisione conforme) chi ne aveva interesse poteva beneficiare degli effetti religiosi e civili delle due decisioni ecclesiastiche. La Riforma di Papa Francesco del 2015 ha innovato, accontentandosi, ai fini della esecutività (quindi per contrarre nuovo matrimonio religioso), di una sola sentenza dichiarativa di nullità purchè non ci siano impugnazioni da parte dei Coniugi o del Difensore del Vincolo.
La parte (anche il Difensore del Vincolo) non soddisfatta della decisione giudiziale, sia affermativa che negativa, può chiedere che venga riformata impugnando la sentenza. L’impugnazione impedisce che la sentenza acquisti i requisiti della fermezza e definitività (e, dunque, sospende la possibilità di contrarre nuovo matrimonio religioso).
Il procedimento d’appello si svolge davanti ad un Tribunale di secondo grado (le parti però possono anche decidere di agire direttamente davanti alla Rota Romana). Esso segue sostanzialmente le stesse fasi del procedimento di primo grado. Si conclude con sentenza che confermerà o riformerà la decisione di primo grado. Nel caso di conferma la sentenza di primo grado diviene esecutiva e, quindi, se affermativa, sarà consentito un nuovo matrimonio religioso. Nel caso, invece, la decisione di primo grado venisse riformata, alle parti insoddisfatte si prospetta unicamente la possibilità di ricorrere al Tribunale della Rota Romana.
canoni 1683 - 1687 codice di diritto canonico
Procedimento per la dichiarazione di nullità ‘più breve’ davanti al Vescovo Diocesano (processo ‘brevior’)
E’ questa una vera novità, introdotta con la Riforma di Papa Francesco del 2015, per i casi in cui la nullità del matrimonio sia sostenuta da argomenti particolarmente evidenti. Si svolge davanti al Vescovo Diocesano; ‘più breve’ perché, per quanto possibile, le prove vengono raccolte in una sola udienza: volge pertanto ad una rapida conclusione.
Per accedere a questo procedimento occorre però:
- che la domanda per la dichiarazione di nullità sia proposta da entrambi i Coniugi o da uno di loro con il consenso dell’altro;
- che ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una istruzione più accurata, e rendano evidente la nullità.
Spetterà al Vicario Giudiziale, ricevuto ed ammesso il libello, stabilire se procedere con procedimento ordinario o con procedimento ‘più breve’.
Alcuni fatti e circostanze in favore della nullità del matrimonio, particolarmente significativi, fanno propendere per la scelta di questo tipo di procedimento. A titolo di esempio:
- la mancanza di fede, che facilmente può portare ad una consenso che esclude il matrimonio religioso o i suoi tratti essenziali (fedeltà, indissolubilità, procreazione);
- la breve durata della convivenza coniugale;
- l’occultamento di figli nati da una precedente relazione;
- l’occultamento volontario della sterilità o di grave malattia contagiosa;
- l’avere contratto matrimonio per finalità del tutto estranee ad esso (si pensi ad un matrimonio contratto per ottenere la cittadinanza);
- la comprovata infermità psichica;
- la violenza fisica intervenuta per ottenere il consenso.
un caso particolare
Scioglimento del Matrimonio per Mancata Consumazione
Come detto, per la Chiesa il matrimonio valido nella forma e nella sostanza è indissolubile e non può essere sciolto da nessuna potestà umana.
Nel caso particolare di mancata consumazione però, il matrimonio, pur valido, può essere sciolto dal Romano Pontefice. Il Romano Pontefice concede la grazia della dispensa dal matrimonio celebrato (rato) e non consumato nel caso in cui i Coniugi:
- non abbiano posto in essere alcun atto idoneo alla generazione della prole;
- non lo abbiano posto in essere in modo umano: volontariamente e scientemente.
Si tratta di procedimento diverso da quello che porta alla dichiarazione di nullità. E’ istruito dal Vescovo attraverso il Suo Tribunale e, attraverso la Rota Romana, giunge al Romano Pontefice per la dispensa. Il procedimento è coperto da stretto segreto istruttorio.
La prova della mancata consumazione si raggiunge attraverso un esame medico (condotto nel rispetto della persona), le deposizioni delle parti e dei testimoni, o provando che i Coniugi, dopo la celebrazione del matrimonio, non sono stati mai soli.
efficacia della sentenza canonica
Il Procedimento di Delibazione
Perché la sentenza canonica che dichiara la nullità matrimoniale, già esecutiva nell’ordinamento della Chiesa (cioè definitiva), possa produrre effetti anche nell’ordinamento dello Stato Italiano deve essere sottoposta ad un procedimento in cui si accerta che non contrasti con i principi dello Stato Italiano (procedimento di delibazione).
Se non ci sono conflitti la sentenza canonica produce effetti anche per lo Stato Italiano: il matrimonio si considera come mai esistito. Viene meno pertanto la necessità della domanda di divorzio, laddove non sia già intervenuto tra le parti. Tale riconoscimento non pregiudica in alcun modo i diritti dei figli eventualmente nati da quel matrimonio.
un mito da sfatare
I Costi del Processo Canonico
Molti pregiudizi, nati da una cattiva informazione, spesso scoraggiano la decisione di intraprendere una causa canonica per la dichiarazione di nullità matrimoniale. I costi di una causa canonica per la dichiarazione di nullità matrimoniale sono fissati dalla Conferenza Episcopale Italiana, e si compongono di due voci: contributo alle spese processuali e spese di Avvocato (Patrono).
Le spese processuali sono per lo più sostenute dalla Conferenza Episcopale Italiana, ciò allo scopo di consentire a tutti i fedeli, anche i meno abbienti, di fare luce sulla verità del proprio matrimonio. Alle parti è solo chiesto un contributo, nella misura di:
- per la parte attrice € 525;
- per la parte convenuta che sta in giudizio con un proprio Avvocato € 262.50;
- per la parte convenuta che sta in giudizio da solo, nessun contributo.
Le spese di Avvocato sono rappresentate dalle spese per onorario e dalle spese vive.
Quanto alle spese per onorario:
- per il primo grado di giudizio, vanno da un minimo di € 1600 ad un massimo di € 3000;
- per il secondo grado di giudizio (se vi è stato appello contro la sentenza di primo grado e si deve affrontare una nuova istruttoria), vanno da un minimo di € 650 ad un massimo di € 1300.
Spese vive: tali voci non sono comprese nelle spese per onorari e comprendono oneri fiscali e previdenziali, consulto con altri esperti, trasferte. Per essere richieste devono essere documentate.
un aspetto fondamentale
I Motivi di Nullità
Il Tribunale Ecclesiastico dichiara la nullità quando accerta che il matrimonio mancava delle condizioni essenziali al suo nascere. Dichiarare la nullità di un matrimonio equivale a dire che il Sacramento fu apparentemente dato e ricevuto. I motivi di nullità devono riconoscersi presenti al momento della celebrazione delle nozze, ciò che avviene dopo è irrilevante ai fini della nullità.
Per conoscere i motivi di nullità si rimanda alla pagina del sito dedicata.